«È tutto mio!»: l’egocentrismo infantile
È una fase in cui il piccolo non sa ancora che esiste una distinzione tra sé e il mondo. Ma la condivisione non andrebbe mai obbligata o ottenuta con rimproveri: il piccolo va incoraggiato a condividere con l’esempio che proviene dalle figure di riferimento adulte

Chiara Borgia, pedagogista

Indice
1La distinzione tra sé e il mondo
2“Io” e “mio”
3L’evolversi del concetto di “possesso”
4Imparare a condividere
5Regole chiare
6L’ambiente che educa
7L’esempio

Nelle strutture educative che accolgono gruppi di bambini, non è raro osservare momenti di tensione e contesa di un gioco, o di un qualsiasi oggetto, che in quel momento è al centro dell’attenzione dei piccoli.
A partire dai 18 mesi, infatti, i bambini attraversano una fase di crescita in cui «tutto è mio!», caratterizzata da un forte senso di possesso verso le cose. Per questi comportamenti i piccoli vengono spesso giudicati come “egoisti”: in realtà è in atto un importante processo di maturazione cognitiva e di costruzione della personalità.

La distinzione tra sé e il mondo
Lo studioso Piaget, descrivendo il pensiero del bambino prima dei 7-8 anni, definì questo come il periodo dell’”egocentrismo infantile”: una fase di crescita in cui il bambino si relaziona con il mondo unicamente dal proprio punto di vista, senza essere capace di percepire la differenza tra la propria visuale e quella altrui. Se pensiamo al neonato possiamo facilmente comprendere questa condizione: il piccolo non sa ancora che esiste una distinzione tra sé e il mondo, ed è quindi unicamente concentrato sull’appagamento dei propri bisogni. In generale, nei primi anni di vita, il bambino è impegnato nel costruire una propria esperienza della realtà, prima di poter considerare l’esistenza di altre prospettive oltre la sua. Potremmo dire dunque che l’essere concentrato su sé stesso è inevitabile, positivo e funzionale alla sua crescita.

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